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mercoledì 10 dicembre 2014

Noi Giovani d'oggi

I GIOVANO D'OGGI NON SONO PIU' COME QUELLI DI UNA VOLTA?

   Sono infinitamente afflitto e amareggiato ogni qual volta vedo vagare queste parole tra le idee e le convinzioni di molti adulti pressoché vecchi i quali, però, bramosi di manifestare la loro saggezza, figlia delle esperienze passate, ottengono l'esatto contrario, cioè quello di dimostrare la loro grande ignoranza. Detta ignoranza è causata dalla mancata percezione di trovarsi in un presente totalmente dissomigliante da un passato non troppo lontano, 40 – 50 anni fa.
   Ogni mancato adempimento da parte di un giovane alle richieste di un adulto è, per quest'ultimo, indice di presunta deficienza dei “teenager”, inesistente durante la propria giovinezza.
   Ma ciò che per molti adulti è simbolo del vuoto all'interno delle azioni, esperienze e conoscenze dei ragazzi adolescenti principalmente da quali fattori è causato?
   E' assai arduo tracciare un discorso ridotto all'essenziale e al tempo stesso esauriente, ma sicuramente con le parole di Padre Pino Puglisi è possibile riassumere in un esempio. La sintesi del suo pensiero è questa:

“immaginiamo di essere in un circo con un trapezio al centro. Un trapezista si lancia, esegue tutte le figure possibili e immaginabili e mentre è in volo viene afferrato da un secondo acrobata che lo porta presso il capo opposto del trapezio. A questo punto si dia il ruolo del primo trapezista a un giovane e quello del secondo trapezista ad una personificazione della società: il giovane si lancia, mostra in aria le sue abilità e tende le braccia alla società. Ma questa non lo afferra e lo lascia cadere”.
   Questo è uno dei grandi problemi!
   I giovani adolescenti mettono tutto il loro interesse, la voglia, la fatica e lanciandosi, con le braccia aperte, mostrano il loro desiderio di essere afferrati, abbracciati, accolti. Però la società nega loro gli appigli, i punti di riferimento, i punti di contatto con la realtà e li accusa anche di essere parte del degrado sociale.
   Che civiltà è quella che non si occupa dei propri figli? Quegli stessi figli che cominciano già ad essere protagonisti di un futuro fragile e incerto.
   Che civiltà è quella che nutre ogni figlio di oggetti e non di ideali?
   Che civiltà è quella che si alza alle spalle dei propri figli?
 Se qualcuno tra i giovani tenta di dare una risposta (di per sé sinonimo di una svolta) è subito sbeffeggiato, deriso, emarginato, escluso, costretto a vivere un'esistenza precaria.
  Ma allora, come si può uscire da un vortice di vizi e mali?
  Bè il secondo trapezista deve afferrare il suo compagno; la società deve comprendere che, in un gioco di fiducia e abilità, è necessaria anche la sua collaborazione, una partecipazione che non sia passiva, di modo che lo spettacolo abbia un gran successo e il pubblico acclami e lodi le loro capacità.


Dawit Borio

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